La newsletter di Orlando Pizzolato. Alla vigilia di una gara un podista ha già in mente quale prestazione cronometrica può ottenere. Sono vari gli indicatori tecnici che possono essere presi a riferimento per capire quale sia il valore tecnico e fisiologico del podista, e quindi il tempo potenziale di riferimento. Quanto più è lunga la distanza di gara, maggiori sono gli elementi che possono condizionare la prestazione e quindi ritengo che sia adeguato fissare tre livelli prestazionali. Io sono solito fare, appunto, tre previsioni agonistiche. Una è per un rendimento normale, una sorta di "sufficienza" prestazionale. Una per un rendimento di buon livello, vale a dire che il podista esprime un coefficiente di rendimento molto buono perché non ci sono elementi che condizionano negativamente l'efficienza fisica. Infine c'è il rendimento ottimale, la cosiddetta "gara perfetta" dove tutto va per il meglio e gli elementi che concorrono alla prestazione sono coincidenti. In questo caso il podista parte per fare una gara normale ma sente le gambe girare a meraviglia, tanto che continua a spingere anche quando la FC è a limite per quello sforzo. In questo contesto si potrebbe pensare che già prima della gara ci sia una sorta di certezza prestazionale, ma così non è, ovviamente. Con riferimento alla maratona, per esempio, un podista che ha svolto bene una seduta di 35-37km di lungo, si sente "sicuro" di completare bene la distanza proprio per aver sostenuto una favorevole prova di "lunghissimo". Come ho riportato prima, questa sicurezza non c'è perché non c'è nemmeno la certezza prestazionale. Ciò non accade neppure agli atleti di livello assoluto, sebbene siano molto allenati.
Nella capacità di conseguire una determinata prestazione cronometrica si devono considerare anche le probabilità. In questo caso alla possibilità (o meglio, la probabilità appunto) di conseguire un determinato risultato contribuisce l'entità dell'allenamento svolto. Sempre con riferimento alla maratona, affinché sia molto probabile conseguire la prestazione cronometrica potenziale, è necessario che, oltre alla seduta di LL di 35-37km, non solo si siano fatti altri allenamenti chilometricamente corposi, ma che il rendimento sia stato stabile nel corso della seduta stessa. Spesso i podisti svolgono sedute con rendimento "risicato", con l'essenziale obiettivo di conseguire tempi e ritmi specifici. Un esempio è il ben noto test di Yasso: molti maratoneti sopravvalutano le indicazioni di questa prova, quasi che l'esito fosse una sorta di garanzia prestazionale. Io sono più prudente sia in relazione a questo test, sia per altre sedute che possono fornire indicazioni prestazionali.
Affidarsi all'esito di qualche buona seduta per essere ottimisti riguardo il risultato della gara è un'operazione di "equilibrismo" motivazionale. È necessario essere piuttosto realisti nel definire la possibilità di conseguire una determinata prestazione. Io penso che, per averlo spesso verificato con tanti amatori, alla previsione cronometrica debba essere abbinato un valore probabilistico. Questa mia affermazione nasce non solo dal verificare la correlazione tra le previsioni e l'esito finale, ma anche dal valutare come il "gioco delle probabilità" si sviluppi nel corso della competizione. I tempi di passaggio di ogni gara evidenziano la consistenza delle probabilità che ha un podista di ottenere quello che vale, non solo riferito a quella singola competizione, ma anche alle sue capacità di rendimento in generale. È da questi dati che si dovrebbero "studiare" le caratteristiche di un corridore di resistenza, ed è molto facile (per non dire "probabile") che si capisca quali siano le sue probabilità agonistiche.
 

Sezione: Editoriale / Data: Dom 20 ottobre 2024 alle 06:26
Autore: Redazione Tuttorunning
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