La newsletter di Orlando Pizzolato. "Con l'implementazione di numerose funzioni contenute negli orologi che usano i podisti, mi sono trovato a sviluppare una serie di considerazioni che volevo portare all'attenzione di quanti ne fanno uso.
I dati che gli strumenti evidenziano sono vari: il VO2max su tutti, ma anche la velocità della soglia anaerobica, della soglia aerobica, la suddivisione dei range di allenamento (zone di frequenza cardiaca) e le previsioni agonistiche.
Ovviamente questi parametri sono tutti desunti in maniera indiretta; vale a dire che lo strumento desume i valori facendo una serie di calcoli (operazioni aritmetiche) e non rileva veramente l'ossigeno che entra nei polmoni. Per esempio, per definire il parametro del VO2max lo strumento elabora alcuni dati con sei operazioni di calcolo, e l'esito è tutto sommato abbastanza ben correlato con dati realistici.
Si deve considerare però che si tratta di un numero che molto spesso non è correlato con un fatto, anche se si è soliti affermare che "i numeri non mentono". Cosa intendo dire quando il numero non è correlato con un fatto? Per esempio, quando il podista afferma che lo strumento gli evidenzia il parametro del VO2max pari a 60 (ml/kg/min), a che velocità di corsa questo dato corrisponde? Il dato (60) rivela poco dal punto di vista tecnico, perché al podista dovrebbe invece interessare il ritmo di corsa corrispondente a questo parametro e, soprattutto, per quanto tempo può mantenere l'andatura in questione. Poco conta avere un VO2max di 60 se in una gara di 5km non si corre in 17'.

Analoga situazione per il rilevamento della soglia anaerobica (SAN): se lo strumento evidenzia una SAN di 15km/h e non si è in grado di percorrere 10km in 39' circa, è evidente che ci sono delle mancate correlazioni. Quindi il numero è solo un dato. Per un allenatore i dati tecnici sono importanti, ma contano di più quelle che io definisco "situazioni fisiologiche". Questo mio punto di vista mi ha portato a considerare poco i dati se non sono correlati al rendimento. In sostanza, conta il risultato e non il numero. Con questa affermazione mi riferisco anche a quelle situazioni in cui l'atleta in allenamento corre a specifici ritmi, che poi non concretizza in gara. Proseguendo nel discorso, che non riesco in questa occasione ad approfondire, c'è anche il riferimento alle cosiddette "zone di frequenza cardiaca", che si usano per suddividere il carico di allenamento e che gli strumenti evidenziano a seduta ultimata. Indicare queste "fasce di lavoro cardiaco" è senza dubbio utile per capire l'entità complessiva delle varie sollecitazioni svolte nella preparazione, ma ritengo, con dati specifici alla mano (soprattutto grazie alle concentrazioni di lattato), che la modalità di calcolo delle fasce di lavoro non sono coerenti con l'obiettivo fisiologico che si punta ad allenare. Queste aree di allenamento vengono definite con modalità aritmetiche, e molto spesso non sono correlate né a dati reali (spesso sballate) né a situazioni fisiologiche e pertanto risultano poco utili. In definitiva, come riportato sopra, in questo ambito – quello fisiologico - non contano i numeri ma appunto le situazioni".
 

Sezione: Editoriale / Data: Gio 12 settembre 2024 alle 06:31
Autore: Redazione Tuttorunning
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