I test esprimono il "contenitore fisiologico" - vale a dire il potenziale del podista – mentre la prestazione che si ottiene è data dagli effetti di quanto questo contenitore è stato riempito con gli allenamenti. Per riempire il contenitore (il proprio potenziale fisiologico) non si deve pensare solo all'aspetto quantitativo. Per esempio, un podista non diventa un valido maratoneta se misura l'efficacia della propria preparazione con la quantità di chilometri percorsi. Certo, c'è una forte correlazione tra chilometri percorsi e rendimento in gara, ma se un corridore riempie essenzialmente il contenitore dei chilometri con la corsa lenta, rischia di non essere efficiente al ritmo gara. Si deve sempre considerare che il migliore allenamento da svolgere per ogni specifica competizione è essenzialmente il ritmo gara. Le altre andature sono di supporto a questo aspetto fisiologico. Pertanto, è anche possibile non allenarsi tanto ma puntare ad arrivare a un livello prossimo a quello di gara, e gestire fisiologicamente bene l'impegno richiesto. Per esempio, sempre con riferimento alla maratona, meglio 35km fatti per finirli perché sono in tabella oppure 25km a ritmo maratona con parametri fisiologici stabili?
Inoltre, ci sono gli aspetti soggettivi da considerare. Uno stesso stimolo svolto da differenti soggetti non determina gli stessi adattamenti fisiologici. Ci sono aspetti nella fisiologia di un corridore che reagiscono con modalità diverse, che molto spesso non vengono percepite dal soggetto impegnato a svolgere una "preparazione da protocollo". Prendendo a riferimento la preparazione per una maratona, gli allenatori in genere applicano dei protocolli di allenamento, senza preoccuparsi più di tanto dell'esito della preparazione (osservazione dell'evoluzione fisiologica del soggetto). "La preparazione per una maratona è questa (protocollo) e si deve fare così (punto e basta!)". Un esempio deriva dal fatto che spesso conta di più totalizzare chilometri in una settimana che non qualificare lo stimolo. Intendo dire che conta di più, per esempio, percorrere 100 chilometri in una settimana che non verificare la risposta fisica. Il soggetto in questione si sforza di completare i 100km accumulando un elevato livello di stanchezza fisica generale e muscolare, e per questo non è in grado di esprimere efficienza fisiologica. In sostanza, non conta tanto quel che è stato fatto, ma come è stato ottenuto.
In questo caso la seduta di "lunghissimo" non deve essere solo l'occasione di arrivare per forza in fondo all'allenamento e basta, anche a costo di percorrere la parte finale con una scadente esecuzione tecnica (meccanica di corsa) e fisiologica (cannibalismo metabolico). Gli allenamenti vanno svolti con un'attenzione particolare all'efficienza. Se non si è in grado di completare bene un compito tecnico, non si deve passare al successivo per stare al passo con il "protocollo di allenamento", altrimenti manca un pezzo di allenamento, o meglio di adattamento.
In sostanza, il "contenitore" non è stato riempito. In questa situazione la scelta può anche essere (o deve essere) quella di rinunciare all'impegno che si è fissato, visto che non si è pronti a sostenere il compito.
Ho fatto solo riferimento alla maratona, ma le indicazioni riportate valgono per ogni distanza di gara, anche per una prova molto corta come gli 800m. Il contenitore, anche in questo caso, va riempito con stimoli specifici e, se vi sembra semplice riempirlo vista la brevissima distanza, è davvero molto complicato farlo al meglio.
 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 28 agosto 2024 alle 06:16
Autore: Redazione Tuttorunning
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